pubblicato il 29 dicembre 2011

Materiali alternativi alla torba: il caso del compost

Un materiali che potrebbero sostituire, anche solo parzialmente, la torba nella preparazione dei substrati impiegati nel vivaismo professionale.

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    Il mercato dei substrati di coltivazione per il vivaismo professionale e per l'hobbistica si è sviluppato negli ultimi quarant'anni; prima di allora, infatti, le necessità delle aziende vivaistiche e dei giardinieri dilettanti venivano soddisfatte con miscele di materie prime reperite in loco (stallatici, terre di campo, foglie di faggio, aghi di pino).
   Il materiale oggigiorno più diffuso è sicuramente la torba, almeno in Europa.
   Anche se la torba è usata raramente tal quale, è sicuramente la materia prima più utilizzata nella preparazione dei miscugli, come quelli con la perlite o la pomice che trovano largo impiego nel vivaismo ornamentale.
   Una stima della IPS (International Peat Society; www.peatsociety.fi ) riportata da Frangi e Tandardini (2001) indica un consumo totale di torba per l'Italia di circa 1 milioni di mq (il 6% del consumo totale in Europa), ma questo numero sembra sottostimato.
   Una serie di ragioni spingono a ricercare dei materiali alternativi alla torba. Infatti, i prezzi della torba crescono in continuazione in seguito all'incremento dei costi energetici che incidono su tutte le fasi del processo produttivo, compreso il trasporto dai paesi produttori del Nord-Europa o del Canada. Inoltre, aumenta la domanda di substrati "peat-free" in conseguenza di una campagna di stampo ambientalista condotta contro lo sfruttamento delle torbiere, in considerazione del valore naturalistico (in alcuni casi, anche archeologico) di questi particolari habitat e della natura di risorsa "non rinnovabile" di questo materiale, la cui formazione richiede, in effetti, migliaia di anni.
   Occorre ricordare, inoltre, che la Commissione della Comunità Europea (CE) nel 2001 ha escluso dal rilascio del marchio comunitario di qualità ecologica (Ecolabel) i substrati di coltivazione che contengono torba o prodotti derivati.
    Anche se a livello mondiale il consumo di torba per la coltivazione di piante è molto basso rispetto al consumo totale di questo materiale (impiegato in larga misura per il riscaldamento), la protezione delle torbiere ha indotto a misurarsi con il problema anche i produttori di torba che propongono soluzioni che, pur salvaguardando i siti di escavazione, ne consentano un oculato sfruttamento commerciale. Un'eventuale proibizione dell'uso della torba, in effetti, potrebbe avere sul settore vivaistico un impatto simile a quello provocato dalla proibizione del bromuro di metile per la sterilizzazione del terreno.
   In questo articolo, dopo aver brevemente illustrato le caratteristiche fisico-chimiche richieste ai substrati utilizzati nelle colture vivaistiche (quelle che di fatto rendono la torba il materiale "ideale"), verranno esaminate le caratteristiche del compost, che potrebbe sostituire, anche solo parzialmente, la torba nella preparazione dei substrati impiegati nel vivaismo professionale.

Materiali alternativi alla torba
   Al fine di giungere alla possibile sostituzione totale o parziale delle torbe sono state poste in attenzione numerose materie prime. Non sono tuttavia da nascondere le molte limitazioni che caratterizzano la maggior parte delle materie candidate a tale sostituzione, nella scelta delle quali la ricerca si è spesso sbizzarrita affiancando a materiali organici (compost e fibra di cocco, tanto per citare i più conosciuti) con buone caratteristiche fisico-chimiche, altri di natura artificiale (spesso di recupero, come polistirolo, schiume di poliuretano, pellets di pneumatici esausti, ossa bovine frantumate ecc.), che presentano forti limitazioni all'uso e sui quali la bibliografia si esprime spesso in modo discordante.
   Inoltre, le attività di ricerca sono state in alcuni casi indirizzate a materiali che, per le loro caratteristiche, sono destinati ad integrare i miscugli e non ad essere utilizzati singolarmente, se non con l'impiego di particolari tecniche di coltivazione. Tale è il caso dei materiali drenanti (perlite, pomice, pozzolana, argilla espansa ecc.) che sono utilizzati, in miscela, per incrementare la capacità per l'aria del substrato e, da soli, nelle colture idroponiche di ortaggi e fiori recisi.
   Di seguito sono descritte le principali caratteristiche e proprietà delle materie prime che hanno mostrato le migliori attitudini all'utilizzo in campo florovivaistico, con particolare riferimento al compost e ai materiali ligneo-cellulosici. Alla fibra di cocco, sono stati dedicati altri articoli.

Compost

   Il compost è il prodotto di una trasformazione, detto bioconversione aerobica, attuabile tramite diversi procedimenti produttivi e promosso dai microrganismi presenti nei materiali da compostare (biomasse) che possono essere di diversa natura: rifiuti urbani, fanghi di depurazione, scarti industriali o agricoli. Proprio per questa estrema eterogeneità sia delle biomasse che dei processi produttivi impiegati, il termine compost comprende in genere prodotti molto diversi tra loro, con caratteristiche fisiche e chimiche assai variabili.
   Per la legge, sui fertilizzanti e sui substrati di coltivazione, pur distinguendo tra ammendante compostato verde e ammendante compostato misto, comunque all'interno di ogni singola categoria i prodotti finali possono mostrare caratteristiche molto differenti dal punto di vista agronomico. Questo fatto ha contribuito a diffondere una cattiva reputazione del compost, poiché in certi casi ha una cattiva riuscita o provoca addirittura gravi danni alle colture in contenitore su cui viene impiegato; così, il suo utilizzo si limita a quello di ammendante organico del terreno.
   Nelle colture florovivaistiche, soprattutto se in vaso, ove il volume di substrato in cui la pianta trascorre il suo intero ciclo colturale è estremamente ridotto, risulta dunque indispensabile approfondire la conoscenza delle caratteristiche fisico-chimiche del prodotto che si intende introdurre in azienda al fine di valutare correttamente l'effettiva possibilità di utilizzo, stabilire la percentuale (del prodotto) nella miscela e adeguare la tecnica di coltivazione in modo da ottimizzare le performance produttive. Inoltre, il compost utilizzato deve rispettare alcune caratteristiche e condizioni tali da non compromettere la sanità delle colture, quali l'assenza di fitotossicità e di semi vitali e la ridotta presenza di metalli pesanti.
   Dal punto di vista chimico i compost possiedono in genere pH che variano dalla neutralità alla sub-alcalinità e una salinità compresa tra 1,5 e 3,0 mS/cm; il contenuto in sostanza organica risulta generalmente inferiore a quello delle torbe. Il rispetto dei parametri di legge è garanzia di qualità e di buoni risultati produttivi, se l'utilizzatore ne è a conoscenza ed è in grado di adeguare le tecniche di coltivazione alla tipologia del substrato utilizzato.
Relativamente alle proprietà fisiche risulta più complesso fissare delle caratteristiche comuni dei compost che dipendono in effetti dal tipo di materiale di scarto utilizzato, dalla sua provenienza e dal processo di vagliatura che il prodotto finale ha subito. In generale il compost ha un'elevata porosità ed una buona capacità di ritenzione idrica.
   Negli ultimi anni si è andato affermando un nuovo tipo di compost, denominato di "qualità", che ha delle caratteristiche interessanti ed anche una miglior riuscita nell'impiego vivaistico. Questo prodotto, ottenuto con biomasse selezionate alla fonte e attraverso un processo di bioconversione aerobica controllata, risponde agli standard stabiliti dalla legge sui fertilizzanti (e sue modifiche).
   Le biomasse impiegate possono essere scarti "verdi" (potature, sfalci, fogliame) eventualmente integrati con altri materiali ligneo-cellulosici (trucioli, cassette, pancali) e/o matrici ad elevata fermentescibilità, come gli scarti di origine alimentare o di lavorazioni dell'agroindustria, i fanghi biologici o la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU).
   Da alcuni anni presso il Ce.Spe.Vi. di Pistoia sono stati testati diversi compost di "qualità" prodotti nell'impianto di Montespertoli (FI) dalla società Publiambiente, che è il secondo operatore del settore ambientale in Toscana ed il primo per la quantità e qualità della raccolta differenziata.
   Questo compost viene ottenuto con la FORSU ricavata dalla raccolta differenziata, a cui vengono miscelati in varia misura altri materiali ligneo-cellulosici per livellare le variazioni qualitative stagionale dei rifiuti. Con l'aumento e la diffusione della raccolta differenziata nel nostro Paese, il compost di "qualità" sarà sempre più diffuso e disponibile in notevoli quantità e pertanto potrebbe essere in grado di soddisfare la richiesta del settore.
   La realizzazione di sperimentazioni sull'impiego del compost di "qualità" in parziale sostituzione della torba, è stata promossa dalle stesse aziende vivaistiche, per le quali questo materiale appare davvero interessante, potendo consentire dei notevoli risparmi sul costo di acquisto dei terricci.
   Ciò apre un'altra interessante prospettiva. Infatti, il settore florovivaistico produce ingenti quantità di biomasse (potature, sfalci, scarti di coltivazione, svasature e residui verdi) che creano attualmente notevoli problemi di smaltimento e che invece potrebbero essere proficuamente utilizzate per la produzione del compost di "qualità". In tal modo questi materiali verrebbero riciclati, ritornando nelle aziende sotto forma di terricci di coltivazione.
   Alcune prove condotte al Ce.Spe.Vi. hanno fornito buoni risultati, dimostrando di poter surrogare tranquillamente la torba nella misura del 10-20% nella preparazione di substrati colturali. Aumentando la percentuale, in alcuni casi si sono riscontrati dei problemi. Talvolta, infatti, è stato verificato un processo di maturazione del compost non perfettamente completato; ciò provoca una ri-fermentazione del materiale che a sua volta determina una "fame di azoto" nelle piante (è tanto più evidente quanto maggiore è la frazione di compost aggiunta al terriccio). è necessario quindi verificare che la partita di compost consegnata in azienda sia ben matura; a tal scopo, può esser sufficiente controllare che all'interno del cumulo non si produca un sensibile surriscaldamento, indice di una fermentazione in corso. In altri casi la salinità del compost è stata troppo elevata e pertanto si è reso necessario ridurre la percentuale di miscelazione, soprattutto nei sistemi di coltivazione con ricircolo delle acque di drenaggio, dove maggiore è il rischio della salinizzazione del substrato col progredire della coltivazione.
   È sempre consigliabile fare dei test su vari miscugli controllando i principali parametri (pH e conducibilità elettrica) per stabilire il rapporto di miscelazione ottimale.
Un particolare problema che può essere incontrato con i compost da FORSU è legato alla struttura fisica. Infatti, la sua granulometria è in genere assai minuta e pertanto il suo impiego in un miscuglio, oltre una certa percentuale, tende a costipare il substrato riducendone la capacità di drenare l'acqua e creando così un ambiente asfittico per gli apparati radicali. La granulometria di questo tipo di compost è legata al sistema di preparazione, che ha cicli molto serrati ed ottimizzati per minimizzare i tempi di lavorazione.
   Le biomasse sono finemente triturate per accelerare il processo di bioconversione aerobica, che, attraverso varie fasi, ha una durata di circa un mese. Il prodotto ottenuto è poi vagliato finemente per selezionare solo la frazione ben compostata che viene tenuta per circa due mesi in cumuli periodicamente rivoltati (per completare la maturazione), mentre il residuo viene reimmesso nel ciclo.
    È evidente che, con un simile ciclo produttivo, non è possibile ottenere un compost di granulometria più grossolana poiché questo aumenterebbe i tempi di compostaggio, oppure porterebbe ad ottenere un prodotto non perfettamente stabilizzato e soggetto a quindi a rifermentazione. Nell'operare la miscela dei vari componenti dei substrati è necessario, quindi, tenere in considerazione questo fattore e dosarli bene, in funzione della loro granulometria, per non realizzare un terriccio troppo "pesante".

CONCLUSIONI
   Numerosi sono i materiali proposti in alternativa alla torba per la preparazione dei terricci. Anche sulla base delle esperienze condotte in Italia da centri di ricerca come quelli della Fondazione Minoprio di Vertemate e del Ce.Spe.Vi. di Pistoia, i materiali che sembrano suscitare maggiore interesse sono la fibra di cocco, i materiali ligneo-cellulosici preparati con gli scarti dell'industria del legno ed i compost di qualità.
   La diffusione su larga scala di questi materiali come surrogati della torba richiede che non siano più considerati come un prodotto di un sistema per lo smaltimento di rifiuti, ma che siano inseriti in una vera e propria filiera di produzione in grado di rifornire il mercato con prodotti di qualità standardizzata e certificata, prima che a basso costo.
   La diffusione di questi materiali richiede, in ogni caso, oltre ad un'attenta analisi degli effetti sul bilancio aziendale, il perfezionamento della tecnica di concimazione e di irrigazione, un po' come accadde cinquanta anni fa quando la torba sostituì i miscugli a base di terra.

Articolo tratto da un lavoro realizzato con contributo dell'ARSIA (A.R.S.I.A. - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione nel settore Agro-forestale) della Regione Toscana (Progetto PROBIORN, Produzione biologica di piante ornamentali; www.cespevi.it/probiorn ).
Paolo Marzialetti1, Alberto Pardossi2, Alessandro Pozzi3
1 Centro Sperimentale per il Vivaismo (Ce.Spe.Vi.), Pistoia
2 Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa, Pisa
3 MAC Analisi e Certificazioni, Vertemate con Minoprio (Como)