pubblicato il 20 febbraio 2019

Il Rame in fitoiatria: novità in arrivo

Convegno di presentazione dei lavori a conclusione di un progetto europeo del titolo ALT.RAME in BIO

di Stefano Poppi

È praticamente impossibile fare una sintesi esaustiva delle fonti bibliografiche che hanno come oggetto di studio il metallo più utilizzato al mondo per la lotta alle più temute patologie fungine e batteriche che minacciano le coltivazioni agricole.

Per i gli addetti ai lavori è fin troppo facile intuire che stiamo richiamando la loro attenzione sul tema degli impieghi del rame in ambito fitoiatrico e di tutte le problematiche che ne derivano, del resto sono le stesse attenzioni che motivano i provvedimenti adottati per disciplinarne l’impiego così come recita l’ultimo provvedimento di rinnovo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (2018/1981 del 13 dicembre 2018).

Non sarà facile rispettare, in particolare per le aziende viticole quanto dettato dalle recenti linee guida che impongono un limite massimo - nell’arco di 7 anni - pari a 28 kg di rame metallo per ettaro con soglia annuale di kg 4 senza la possibilità di fare “tesoro” dei quantitativi non usati nelle annate con ridotte problematiche di difesa.

Trovare valide alternative all’impiego del rame è diventato, da diversi anni e in diversi ambiti di ricerca sia pubblica che privata, un imperativo categorico ma, come spesso accade, tra i “desiderata” e la realtà dei fatti c’è un profondo solco che li separa.

Nel mese di giugno del 2017 a cura del CREA- Mipaaf si è tenuto a Roma in importante convegno a conclusione di un progetto europeo del titolo ALT.RAME in BIOstrategie per la riduzione e possibili alternative all’utilizzo del rame in agricoltura biologica.

Per verificare l’azione fungicida delle “auspicate“ alternative al rame - sono stati testate (da diversi staff di ricercatori ) sia in serra che in campo - alcune sostanze di origine naturale come l’estratto di foglia di liquerizia, di yucca scaligera, abies sibirica, estratti di semi di pompelmo, di equiseto così come sono stati oggetto di sperimentazione il potassio bicarbonato, il chitosano cloridrato e un nuovo formulato rameico di nuova concezione che si distingue per le sue interessanti peculiarità e che viene indicato nei testi dei report con il nome di MENORAME.

Non è questa la sede per produrre una rassegna dei risultati emersi nel corso dei vari test sperimentali, torna più proficuo - anche per non incorrere in dimenticanze e sottovalutazioni – rendere disponibili i diversi report in tutta la loro completezza: CLICCARE QUI

Rame sì o rame no? Come estrema sintesi dei risultati ottenuti che, a onor del vero, corrispondono a quanto raccolto – come testimonianza diretta, anche in altri ambiti professionali, possiamo affermare che: è più sacrosanto perseverare nella ricerca di alternative al rame ma allo stato attuale dei fatti crediamo che la soluzione più promettente sia già presente nelle considerazioni del famoso – e mai dimenticato prof. G. Goidànich - quando ci insegna (Manuale di Patologia Vegetale – Vol I pag 329 ) che: le zoospore di Plasmopara viticola sono devitalizzate da concentrazioni rameiche dell’ordine di 0,5 ppm (cioè a 0,5 mgr x litro) quantitativo assai inferiore a quello del rame totale esistente, ad esempio , nella poltiglia bordolese all’1% che raggiunge i 2500 mgr di Cu x litro.

Purtroppo le aziende, in particolare quelle che producono nel rispetto dei disciplinari di produzione biologica si trovano costrette ad utilizzare delle concentrazioni molto più elevate: da 0,2 a 0, 6 gr di metallo per litro e, alla conclusione di ogni stagione di difesa, per esempio i terreni impiantati a vite, si ritrovano “purtroppo ed inevitabilmente“ arricchiti di alcuni kilogrammi di rame che, nei casi più tollerabili si attestano a 2-3 kg per ettaro ma non sono poche le realtà, in particolare negli areali molto piovosi che registrano apporti di 6–7 kg e oltre con le tutte le implicazioni e problematiche che ne derivano.

Lo scopo principale è quello di preservare la fertilità biologica del suolo, messa a dura prova dall’accumulo del metallo nei primi strati della rizosfera dove la soglia di rischio media è di 100 ppm, in funzione del pH del terreno, infatti la soglia di abbassa nei terreni acidi e sub-acidi.

Il rame come agisce

A fronte della indiscussa pericolosità come contaminante ambientale sono noti i punti di forza del rame in quanto non può generare alcun fenomeno di resistenza, infatti allo stato attuale non sono mai stati riscontrati isolati di funghi o batteri in grado di sopravvivere anche a micro-dosi di concentrazione ionica inoltre, il rame depositato sulla pianta, sia nei trattamenti sul verde che sul bruno, non subisce alcuna degradazione chimica o fotolitica....Continua nel PDF in download al fine pagina

Per maggiori informazioni:
AGRISANA S.R.L:
S.S. 148 pontina , km 96,5 Terracina (LT )
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Dr. Stefano Poppi - 333/3725973
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