pubblicato il 20 gennaio 2013

Perché un orto scolastico?

La risposta più sensata alla domanda "Perché un orto scolastico" è un'altra domanda: "perché no?".

    Tratto da: ortiscolastici.it di Emilio Bertoncini
Se non vogliamo limitarci a questo, merita riflettere sul perché se è (relativamente) normale che una scuola abbia uno spazio in cui praticare una minima attività sportiva (la palestra, un salone, la piscina, una pista d'atletica?), non sia (relativamente) normale la presenza di uno spazio coltivato. In fondo lo sport è diventato una pratica comune e condivisa nella società da qualche decennio, mentre l'atto di coltivare si colloca agli albori della nostra civiltà.
   C'è un buon motivo per cui nell'epoca in cui alcune collettività si sono affrancate dalla necessità di coltivare per sopravvivere delegando questa funzione "a terzi" non si debbano sperimentare le tecniche elementari proprie di una conquista straordinaria per l'umanità intera? Probabilmente no ma... le scuole con l'orto, con il frutteto o col il bosco sono ben poche.

Quali sono le possibili utilità di un orto nella scuola?

  
Viviamo in una società che consuma tutto in fretta senza sapere da dove proviene ciò che consuma (sapreste dire da dove provengono i preziosi materiali che compongono il telefono che usate quasi tutti i giorni o il computer col quale è stata scritta questa pagina?). Quasi sempre non sappiamo da dove vengono i cibi che mangiamo. No, non avete capito bene, ciò che non sappiamo non è (soltanto) il luogo nel quale sono stati coltivati/allevati gli ingredienti del nostro cibo, bensì se siano stati coltivati e allevati oppure raccolti, pescati o cacciati e se questo può avvenire in qualsiasi luogo del mondo o solo in certe zone. L'orto scolastico può dare una risposta non didascalica alla domanda "da dove viene il nostro cibo?".
   Scopriremo che lattuga, carote, patate e pomodoripossono essere facilmente coltivati in molti ambienti italiani disponendo di un substrato idoneo (il terreno?), acqua e uno spazio aperto con aria e luce solare. Ben difficilmente però, potremo coltivare l'albero del pepe o quello del mango per trarne dei frutti. Non c'è Wikipedia che tenga: l'apprendimento tramite l'esperienza non ci dà semplici nozioni, bensì dà la consapevolezza. Non ci credete? Provate ad imparare a camminare leggendo un libro, consultando internet o ascoltando una lezione sul movimento dell'essere umano!

   Qualcuno, soprattutto se vive in campagna, sorriderà: in fondo la prima ragione espressa a favore dell'orto scolastico appare assai banale: qualsiasi bambino è capace di vedere cosa si coltiva nei campi dietro casa! Potrei essere d'accordo con voi, se davvero fossi certo che tutti i bambini/ragazzi che vivono in campagna la frequentano. Dico questo perché vivo in campagna e di bambini e ragazzi in mezzo ai campi ne vedo davvero pochi.

   Senza considerare quanto appena detto sarei stato d'accordo con voi fino a quando si è presentata una maestra della scuola di mia figlia chiedendomi se avremmo potuto coltivare le arachidi nell'Orto delle Meraviglie. Io non sapevo rispondere perché non sapevo dove si coltivassero le arachidi che mangio solitamente, né avevo una precisa idea della possibilità di coltivarle nei nostri climi senza modificare le condizioni ambientali (es. in serra). La maestra è scomparsa per pochi secondi, poi è tornata imbracciando un mazzo di piante secche (decisamente delle fabacee) dalle quali pendevano arachidi in guscio. Con la semplicità di chi sa insegnare le cose ovvie mi ha detto: "queste vengono dall'orto di mio marito". Che tonfo: io agronomo che per lavoro e diletto mi muovo tra i campi e so dove si coltivavano colture quasi scomparse, come il gelso per l'allevamento del baco da seta e la canapa per farne lenzuola, non avevo mai visto le arachidi che qualcuno coltiva"dietro casa"!

   Beh... se non lo sapevo io, forse neanche gli ottanta bambini della scuola di mia figlia che poi hanno visto i fiori delle arachidi (che bel giallo!). Forse nemmeno molti altri bambini e ragazzi, compreso qualche docente di istituto tecnico agrario. A voler ragionare "da grandi" si può ben dire che non tutto quello che non si coltiva nelle nostre campagne non è non coltivabile, ma molto spesso non è economicamente conveniente coltivarlo nei nostri ambienti. Altre volte manca il legame culturale con un certo prodotto, altre ancora il know-how (molto spesso perché ormai irrimediabilmente perso!).

   Torniamo alla fretta con cui si svolgono i consumi nella nostra società. Uno dei motti della nostra è "a portata di click". Ebbene si, per coloro che sono connessi al web (altra condizione che dovrebbe essere ormai relativamente normale nelle scuole) il tempo di attesa per avere qualcosa si avvicina a quello di un click. La natura non è sempre così e il cibo (o i suoi ingredienti) non si materializzano nel tempo di un click.
Tra il giorno in cui interriamo un seme o un bulbillo e quello in cui raccogliamo i frutti (o i bulbi) passano settimane o mesi. E quel seme o quel bulbo non danno gli stessi risultati se l'interramento avviene in un mese o in un altro. Molto spesso se non interriamo il seme o il bulbillo nel mese giusto non raccoglieremo proprio niente.
   L'orto aiuta a riscoprire il senso del tempo. C'è un tempo giusto per compiere certi atti e ci sono tempi sbagliati. Ottenere i frutti di certe azioni (progetti?) richiede tempo. E pazienza. A volte non ce nemmeno bisogno di molto lavoro, solo di lasciar scorrere il tempo. Ecco che aprire il frigorifero per procacciarsi il cibo è, sì, un'operazione veloce, ma anche un privilegio che comporta dei costi, economici ed ambientali. La cosa importante è che l'orto può trasmettere la consapevolezza di tale privilegio. Con qualche altro input si potrà scoprire ed acquisire consapevolezza del fatto che non si tratta di un privilegio necessariamente certo per sempre.

   A questo punto introduco uno dei "perché" che mi stanno più a cuore, sia perché è una delle consapevolezze maturate sul campo (mi viene da dire nell'orto!), sia perché si tratta di una delle motivazioni socialmente più elevate, almeno dal mio punto di vista che spero essere condiviso.
   L'orto scolastico non appartiene a qualcuno in particolare. Non è l'orto del nonno (molto spesso della nonna), del papà o mio personale: è l'orto di tutti. L'orto scolastico è un bene collettivo che nell'interesse del singolo deve essere rispettato da tutti. Ecco che l'interesse del singolo diventa l'interesse di tutti e il rispetto di tutti diventa il rispetto del singolo. In una società in cui spesso i beni collettivi sono identificati come "di nessuno", quindi da non curare e proteggere o addirittura da danneggiare con orgoglio, l'orto può restituire alle cose collettive il proprio valore, anche perché certi danneggiamenti sono irreparabili, almeno per qualche mese (cioè per tempi lunghissimi quando ci riferiamo al percepito di un bambino o di un ragazzo).