pubblicato il 22 settembre 2014

Le fiere ed il ruolo dei produttori ortofrutticoli

Le organizzazioni dei produttori ortofrutticoli sentono il bisogno di influenzare il futuro panorama fieristico

   Le organizzazioni dei produttori ortofrutticoli sentono il bisogno di influenzare il futuro panorama fieristico e siccome si tratta di una situazione mai verificatasi prima con questa enfasi, è necessaria una disamina più approfondita delle basi di partenza ed anche degli scopi futuri delle fiere, l'assetto delle quali è in rapida evoluzione.

   Lunedì 15 settembre in occasione dell'evento di ascolto di MACFRUT alcuni rappresentanti dei produttori, come per es.,Davide Vernocchi, Presidente di APO CONERPO, affermano che i produttori vengono poco coinvolti nelle decisioni che riguardano il problema delle fiere o meglio della fiera ortofrutticola italiana.

   Questo fatto è innegabile ma si basa sul passato e sul presente dei comportamenti dei produttori. Sembra di capire che fino a quando i ricavi dei produttori erano soddisfacenti il problema non era sentito. Nessuno andava ad esporre ortofrutta davanti ai commercianti e neanche all'indirizzo dei consumatori. Ci pensavano i mercati all'ingrosso. Adesso che di anno in anno i ricavi si assottigliano e spesso i conti vanno in rosso viene accarezzato questo pensiero ma ancora fino a ieri né a Macfrut né a Fruit Logistica si vedevano sfavillanti esposizioni di merce italiana. Erano presenti alcune grosse O.P ma con le loro immagini, i loro commerciali e i loro presidenti. Se c'era frutta o verdura era lì quasi al posto dei fiori o per far vedere la preconfezione.

   Fin da quando nutrirsi era legato al proprio territorio ed i trasporti erano a cavallo qualcuno delle grandi famiglie di agricoltori andava in città a vendere le proprie primizie e o frequentava i tradizionali mercati settimanali. Erano incontri fra imprenditori ortofrutticoli. Ma da quando il territorio si è allargato a dismisura si sono sviluppati mestieri che, con l'aiuto di specializzazioni sempre più spinte, hanno dato reddito a famiglie di commercianti ed industriali dell'indotto e alle loro maestranze. Essi hanno reso un grande servizio ai consumatori allargando sempre di più la paletta dell'offerta in Italia ed all'estero e mantenendo i prezzi nei limiti attraverso la concorrenza.

   Il produttore iniziò, anche con il sostegno dei finanziamenti di Roma e Bruxelles, ad organizzarsi per poter intercettare almeno una parte del valore aggiunto di questi servizi ma a mio parere sottostimò la competizioni crescente che su tutti i mercati si scatenò per accaparrarsi il consumatore e trascurò quasi del tutto la parte dell'intercettazione del favore dei consumatori. In poche parole: rimase ancorato all'orientamento alla produzione non studiando e non capendo l'evoluzione portentosa dei consumi. Nelle campagne predomina ancora oggi il concetto che in Italia si produce il meglio e che si deve essere capaci di convincere il consumatore di questo per imporgli gusti ed abitudini. Media incompetenti aiutano a diffondere queste teorie ma purtroppo la conseguenza sotto gli occhi di tutti: non solo manca sviluppo ma dal 2000 assistiamo anche in Italia a un calo sistematico dei consumi di ortofrutta fresca.
   Vogliamo prenderne atto e partire da qui per parlare anche del cosa produrre e come promuovere l'ortofrutta italiana e dunque anche del sistema fieristico?

Il conflitto d'interessi

   Non c'è dubbio che il suolo ed il clima italiano,
sostenuto da una riconosciuta professionalità dei molti frutticoltori potrebbe fare di ogni specie e di ogni varietà un capolavoro di gusto e salubrità se solo i ricavi lo permettessero. Ma i tedeschi della Mercedes o gli spagnoli della fragola non hanno solo un prodotto buono, hanno anche strutture commerciali che seguono i mercati e rischiano le innovazioni e i crediti inesigibili. Fanno la pubblicità per la marca o la zona di produzione ma il contatto diretto con il singolo rivenditore e con il singolo consumatore lo gestisce una struttura commerciale. E questa non può prescindere dall' ascolto del consumatore , dal seguire i mercati e dal produrre secondo i loro desiderata.

   Se i produttori anche dove ci sono le loro O.P. non riescono più a trovare remunerazioni che compensano gli sforzi dei loro soci c'entra anche questa specie di conflitto d'interesse irrisolto che esiste fra il produttore ed il suo braccio commerciale. Esistono anche in Italia esempi dove ciò non esiste. Ci sono zone o produzioni dove la parte commerciale è prevalentemente nelle mani di terzi e vanno bene come ci sono regioni dove le aggregazioni fra produttori funzionano. A guardar bene sono sempre enclave dove produzione e commercializzazione collaborano, dove si produce secondo le esigenze di chi vende.

Le Fiere

  
Se quanto descritto fin qui sono le premesse, la conclusione è una sola: occorre armonia e collaborazione fra produzione e commercializzazione e questa può solo avvenire se tutti e due sono messe nelle condizioni di rendere al massimo.
Se per vendere è perentorio conoscere il mercato per interpretarlo e poi informarlo, le fiere utili al frutticoltore sono quelle che gli permettono questo interscambio. Devono stabilire soprattutto i contatti con i compratori di ogni genere, non solo i buyer di supermercati ma anche della ristorazione, del catering, delle mense ed anche degli importatori di ogni paese interessato a mangiare italiano. Per capire la direzione nella quale soffia il vento. Ma questo vuol dire che le fiere non devono essere animate solo dall'indotto (macchinari di ogni genere ecc. ecc) ma sostenute anche dalle grandi associazioni di produttori. Perché le finalità devono essere investimenti convinti con la certezza che il maggior introito generato da miglior marketing e pubblicità ricadranno nel suo grembo. E' importante considerare la commercializzazione per quello che è oggi al 99%, cioè un servizio.

   Oggi esiste una sola fiera onnicomprensiva in Europa e nel mondo ed è FRUIT LOGISTICA a Berlino. Le altre saranno tutte da considerarsi fiere specializzate o a impronta nazionale. La fiera di Madrid cerca di calcare l'orma berlinese in scala minore ma viene organizzata nel paese di maggior esportazione mondiale dopo Olanda ed USA e che ha un governo che ha preso in mano l'organizzazione con leggi ad hoc e finanziamenti enormi. L'Italia non potrà per molto tempo competere su questi livelli. Potrà però far valere anche nel settore ortofrutticolo quanto già possiede in moltissimi altri campi dell'agroalimentare e del vino, sfruttando l'immagine del Made In Italy, percepito a livello mondiale come terzo Brand dopo Coca Cola e VISA.

   Non potendo l'Italia concorrere con prezzi da commodity dovranno essere scovate e coltivate le fasce medio-alte del mercato.
In tutto il mondo. Gusto e salubrità, sostenibilità e preparazione dovranno essere il leitmotiv delle nostre attività di marketing.
   Per fare bene questo non bastano solo le visite in fiera degli addetti ai lavori. Per indurre cambiamenti degli stili di vita del consumatore serve anche il coinvolgimento di tutti gli attori della distribuzione e dell'HORECA nonché degli opinion maker.
Serve una grancassa attivata attraverso ogni mezzo mediatico moderno, dalla TV ai blogger ecc. per parlare a tutto il vasto pubblico che già oggi mostra di aver cambiato atteggiamento nei confronti di frutta ed ortaggi freschi: gli amanti del biologico, i vegetariani, i vegani, i gruppi di acquisto solidale, gli estimatori del fair trade e chiunque ha capito l'evoluzione green di questi tempi, compresi i clienti dei 15.000-20.000 mercati contadini.
Serve anche lo "story telling" e le visite nei campi.
Migliaia di bravi chef italiani dovranno diventare gli ambasciatori non solo della buona cucina ma anche della buona frutta e dei buoni ortaggi freschi italiani, per portarli ai consumatori che nel mondo ricercano il gusto e il piacere del cibo di qualità. Questo deve essere lo sforzo comune di tutta la filiera e di ogni fiera che in futuro si propone con le sue specializzazioni.

Tratto dal Blog di Rolando Drahorad