pubblicato il 25 luglio 2014

La solarizzazione

E' una tecnica utilizzata per la disinfestazione del terreno, rispettosa dell’ambiente e di facile applicazione.

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   La solarizzazione è una tecnica di disinfezione del terreno utilizzata negli ambienti mediterranei, in America Latina, negli Stati Uniti, in India, ecc. come sostitutiva della fumigazione.
   La copertura del terreno con un telo di plastica trasparente consente di raggiungere temperature necessarie a controllare i patogeni e a contenere lo sviluppo delle erbe infestanti.
La maggiore limitazione di questo metodo è la sua dipendenza dal clima. Recentemente, molti studi sono stati condotti per migliorare l’efficacia della solarizzazione; risultati incoraggianti per il controllo di diverse malattie sono stati ottenuti combinandola con un ridotto dosaggio di agrofarmaci, con agenti di biocontrollo e soprattutto con ammendanti organici che producono composti volatili che si accumulano sotto il telo di plastica (biofumigazione).
   Nei terreni intensamente coltivati si assiste ad una proliferazione di agenti patogeni e, quindi, ad una riduzione delle rese e della qualità. È questo un fenomeno particolarmente accentuato nelle colture orticole protette. In particolare i patogeni fungini, i nematodi e le erbe infestanti (Tabella 1) sono responsabili dei principali decrementi produttivi. Tra i patogeni fungini più frequenti si segnalano la Phytophthora, la Sclerotinia, la Pythia, la Rhizoctonia, il Fusarium ed il Verticillium, mentre, fra i nematodi, quelli appartenenti ai generi Meloidogine, Dytilenchus e Pratylencus.
Tabella 1. Infestanti suscettibili o moderatamente suscettibili alla solarizzazione

Invernali

Estive

Perennanti

Anagallis cerulea

Abutilon theophrasti

Convolvulus arvensis

Avena fatua

Amaranthus spp.

Cynodon dactylon

Capsella bursa-pastoris

Chenopodium spp.

Equisetum spp.

Hordeum leporinum

Cyperus spp.

Plantago spp.

Lactuga seriola

Datura stramonium

Sorghum halepense

Lamium amplexicaule

Digitaria sanguinalis

 

Mercurialis annua

Echinochloa crus-galli

 

Phalaris brachistachis

Eleusine indica

 

Phalaris paradoxa

Orobanche spp.

 

Raphanus raphanistrum

Polygonum persicaria

 

Senecio vulgaris

Portulaca oleracea

 

Sinapis arvensis

Setaria glauca

 

Sinapis arvensis

Solanum nigrum

 

Sonchus oleraceus

 

 

Stellaria media

 

 

Urtica urens

 

 

   Per contenere i danni provocati dai patogeni ipogei si può intervenire con mezzi chimici (fumiganti, insetticidi, nematocidi, fungicidi), fisici (vapore, solarizzazione) o agronomici (pratiche colturali, piante tolleranti o resistenti, portinnesti resistenti).
   Fra gli interventi chimici rientrano quelli che prevedono l’impiego di fumiganti (a base di cloropicrina, metam-sodium, dazomet, ecc.). Tali interventi, seppur più o meno efficaci, presentano degli inconvenienti. Ad esempio, la cloropicrina ha un’azione prevalentemente fungicida e non riesce, infatti, ad esplicare un controllo totale dei parassiti del terreno, così come avveniva con il bromuro di metile, peraltro ormai abolito dalle nuove normative in materia di tutela ambientale. Inoltre la stessa cloropicrina è una sostanza classificata come molto tossica e presenta, al pari del vecchio bromuro di metile, gli stessi rischi per la salute dell’uomo.
   Un intervento di tipo fisico di disinfestazione del terreno, invece, è il trattamento con il vapore. Esso consiste nel sottoporre il terreno a temperature comprese tra 70-100°C per pochi minuti. Un simile trattamento provoca, comunque, la distruzione indiscriminata della maggior parte dei microrganismi e anche della microflora antagonista di quella patogena, con la conseguenza nota come “vuoto biologico”. Questo tipo di intervento, per gli alti costi, è praticato per l’impianto di colture ad alto reddito come le floricole.
Un altro mezzo fisico di disinfestazione del terreno è la “solarizzazione”. Questa tecnica, a differenza delle altre, è più rispettosa dell’ambiente, presenta indiscutibili vantaggi ed è anche di facile applicazione.
    Consiste, principalmente, nel sottoporre il terreno all’irraggiamento solare nel periodo più caldo dell’anno. Le alte temperature che si registrano nei primi strati del terreno inducono la morte della carica patogena presente, funghi e nematodi, nonché dei semi di infestanti.
   La solarizzazione si può effettuare sia in pieno campo che in serra; gli effetti, comunque, sono maggiori in ambiente protetto. La tecnica della solarizzazione si effettua mediante la copertura del terreno con film plastico trasparente. Tale copertura permette il passaggio delle radiazioni solari verso il terreno e ne ostacola la fuoriuscita dal terreno verso l’esterno durante la notte.
   In ambiente protetto, serra o tunnel, tale effetto è esaltato in quanto, oltre alla copertura del terreno con pacciamatura, vi è la copertura della serra stessa. La temperatura del terreno durante il trattamento dovrebbe raggiungere i 45-50° C per avere una buona efficacia.
   Ovviamente la solarizzazione si esegue nel periodo più caldo dell’anno, giugno-agosto, per circa 30-40 giorni; più lungo è il periodo di esposizione al sole del terreno maggiore sarà la riduzione della carica patogena dello stesso.
Prima di procedere, occorre eliminare i residui di vegetazione della coltura precedente, arare il terreno alla profondità di 30-40 cm, nonché sminuzzarlo e affinarlo bene. Durante le lavorazioni del terreno sarebbe opportuno somministrare e interrare sostanze organiche. La sostanza organica, abbinata alla pratica della solarizzazione, libera per fermentazione composti volatili (ammoniaca, composti solforici, isotiocianati) ed altre sostanze ad azione tossica verso la carica patogena tellurica.
   Successivamente, occorre predisporre un impianto irriguo a goccia con ali gocciolanti, a distanze variabili secondo la portata degli erogatori stessi.
   Subito dopo la sistemazione dell’impianto irriguo bisogna coprire il terreno con film plastico di polietilene oppure LDPE, PVC o EVA. Infine, è necessario irrigare il terreno e portarlo alla capacità di campo.
L’acqua data al terreno serve per condurre il calore negli strati più profondi del terreno e per far germinare i semi di infestanti e sottoporli, quindi, all’azione abbattente del calore. A fine solarizzazione bisogna evitare rivoltamenti di strati profondi di terreno. Ciò per evitare di portare in superficie strati di terreno probabilmente infetti, non sottoposti all’azione del calore.
   I vantaggi della solarizzazione rispetto agli altri metodi sono molteplici. Questa tecnica, infatti, distrugge la maggior parte dei funghi patogeni e provoca la devitalizzazione di quei funghi che non vengono sottoposti a temperature elevate e comunque ne impedisce la capacità di provocare infezioni successive. Inoltre, essa salvaguarda la flora microbica, antagonista di quella patogena, in quanto termotollerante, ed esplica un’azione di contenimento nei confronti di diversi nematodi soprattutto galligeni. Infine, con simile tecnica si ha il controllo di un gran numero di specie infestanti, tranne alcune specie non colpite a causa dei rivestimenti spessi dei semi o per la profondità a cui sono posizionate nel terreno.
   La tecnica della solarizzazione, sebbene nota a molti agricoltori, spesso non è stata presa in seria considerazione perché in passato si è fatto largo uso del bromuro di metile, il cui uso ora è vietato o meglio molto limitato.
   Ora è indispensabile trovare delle valide alternative di difesa, ed inoltre è necessario puntare su tecniche di lotta a più basso impatto ambientale. Ciò è auspicato sia dalla legislazione comunitaria che da quella nazionale, ma è sempre più richiesto dai consumatori e, quindi, dal mondo della distribuzione commerciale dei prodotti agricoli.