pubblicato il 05 gennaio 2014

L'acqua irrigua e gli effetti della salinità sulle principali specie vegetali

Gli effetti della salinità sugli aspetti qualitativi delle produzioni vegetali risultano quasi sempre negativi ad elevati livelli di stress, ma in condizioni di stress moderato gli effetti positivi possono anche compensare ampiamente quelli negativi

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   La resistenza alla salinità delle specie vegetali è un carattere complesso con implicazioni a diversi livelli di organizzazione (organo, tessuto, cellula ed organello). Molteplici, infatti, sono i meccanismi messi in atto dalla pianta per proteggere i componenti sensibili dagli effetti dannosi dei sali.
Tali meccanismi possono riguardare le capacità di filtro della membrana plasmatica (pompare ioni fuori dalla membrana o dentro il vacuolo) e la capacità di singole foglie di costituire una riserva di ioni tossici, mentre le regioni meristematiche del germoglio ed i frutti in accrescimento sono i più protetti dall'accumulo di ioni tossici. Molti altri caratteri come la conduttanza stomatica, la struttura del mesofillo, le cere epicuticolari, la colorazione e la forma fogliare possono giocare un ruolo determinante nel conferire resistenza.
   Sebbene molti passi avanti siano stati fatti per classificare le diverse specie vegetali in base al loro livello di tolleranza alla salinità, quest'ultimo risulta altamente variabile in relazione al genotipo, all'ambiente pedoclimatico ed alle tecniche agronomiche utilizzate. In particolare l'adozione di idonee strategie agronomiche, in associazione con un'oculata scelta della specie e della cultivar, consentirebbe di minimizzare le riduzioni di resa. Ciò riguarda in particolar modo il controllo della salinità della zona radicale, soprattutto durante la germinazione e nelle prime fasi fenologiche, ottenibile, per esempio, incrementando la frequenza d'irrigazione o con il soddisfacimento del fabbisogno in lisciviazione.
    Gli effetti della salinità sugli aspetti qualitativi delle produzioni vegetali, risultano quasi sempre negativi ad elevati livelli di stress, ma in condizioni di stress moderato gli effetti positivi possono anche compensare ampiamente quelli negativi. Ad esempio, per il pomodoro si riscontra un miglioramento del colore ed un incremento dei solidi solubili totali e, per il melone, un miglioramento delle caratteristiche organolettiche.
   E' da segnalare, infine, che nonostante si sia molto indagato sui meccanismi fisiologici, biochimici e molecolari di adattamento allo stress salino, gli sforzi compiuti per aumentare la tolleranza al sale delle colture convenzionali attraverso incroci selettivi ed ingegneria genetica, non hanno ancora prodotto risultati soddisfacenti. Ciò ha indotto alcuni studiosi a proporre un nuovo approccio e cioè sperimentare in coltura piante selvatiche alofite potenzialmente utilizzabili come alimento, foraggio e fonte di olii commestibili (Glenn et al., 1998).  
   Sono state sperimentate con successo specie arbustive di Salicornia, Suaeda ed Atriplex
della famiglia delle Chenopodiacee. L'alofita più promettente si è rivelata la Salicornia bigelovii, che vive nelle paludi salmastre colonizzando le aree fangose di nuova formazione grazie ad una abbondantissima produzione di semi; questi contengono elevati livelli di olio (30%) e proteine (35%), esattamente come la soia e altre colture da olio mentre il contenuto salino è inferiore al 3%.
    Al momento non è, comunque, prevedibile se questo tipo di agricoltura, attualmente ancora allo stadio preliminare per quanto riguarda lo sviluppo commerciale, potrà essere praticato su larga scala. L'accettazione di questa alternativa dipenderà in ultima analisi dai fabbisogni alimentari dell'umanità, dalla situazione economica e dal rigore con cui gli ecosistemi di acqua dolce saranno protetti dall'espansione agricola.
Source: Inea/otris