pubblicato il 10 luglio 2018

L'Italia: Un paese piccolo piccolo

Poco più di mezzo secolo fa l’Italia era ai primi posti al mondo nelle nuove tecnologie

TAGS: Ricerca scientifica, Innovazione, Università

Vale per il livello della tecnologia di 50 anni fa. Ci si riferisce ala produzione di energia nucleare per uso civile (terzi dopo Stati Uniti e Unione Sovietica), il settore della farmacologia pubblica, con relativa ricerca, la chimica dei polimeri con il polipropilene di Giulio Natta, l’elettronica di Adriano Olivetti che portava all’Expo di New York il primo personal computer, il P101, l’ingegneria aerospaziale (terzo paese al mondo a lanciare un satellite per telecomunicazioni).

Perché negli anni che seguirono il potenziale hi-tech del paese fu sistematicamente smantellato?
La ricerca nucleare promossa da Felice Ippolito fu ceduta all’Euratom, e così fu affossata quella farmacologica, la chimica sparì gradualmente e Olivetti ripiegò sulle macchine per scrivere. 

Quali siano state le ragioni di questo scempio?
Il motivo rimane in parte oscuro, anche se di certo vi contribuì la scelta di diventare concorrenziali nei settori low-tech con le svalutazioni della lira e il basso costo della manodopera. A questo si aggiungano i sempre più scarni investimenti pubblici e privati in ricerca, la sistematica burocratizzazione dell’università, il basso tasso di laureati e dottori di ricerca rispetto agli altri paesi avanzati.

Nell’ultimo quarto di secolo la nostra produzione manifatturiera a basso contenuto tecnologico si è ridotta, di poco, rispetto al 1992. (Vedi i grafici nell'immagine sopra). Complici le delocalizzazioni in paesi in cui la manodopera ha un costo troppo basso perché possiamo essere concorrenziali.
Ma si è ridotta anche la produzione hi-tech, contrariamente a quanto è accaduto in Germania, in Francia, in Spagna, che hanno compensato le perdite da un lato con una crescita evidente dall’altro.
Morale, il nostro sistema produttivo è rimasto al palo. E nessuno ha mai messo una toppa alle politiche miopi che hanno generato questo stato di arretratezza, prima di tutto culturale. In verità, siamo un paese poco ambizioso, un paese piccolo piccolo.

Tratto da L'editoriale del n.599 di Le Scienze, in edicola il 3 luglio

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