Il carciofo è una coltura pluriennale con un apparato radicale vigoroso che gli permette di esplorare un gran volume di terreno. Esige un terreno profondo, ricco, ben areato e drenato a causa dell’imponente sviluppo radicale e della sensibilità ai marciumi radicali. E’ una pianta molto esigente in acqua e tollera bene la salinità.
Tra le principali varietà di carciofo esistenti, esse si possono classificare secondo diversi criteri: In base alla presenza e allo sviluppo delle spine si distinguono fra varietà SPINOSE e varietà INERMI.
Le spinose hanno capolini con brattee che terminano con una spina più o meno robusta, le inermi hanno invece brattee mutiche o mucronate.
In base al colore del capolino si distinguono fra varietà VIOLETTE e VERDI.
In base al comportamento nel ciclo fenologico si distinguono fra varietà AUTUNNALI (o rifiorenti) e varietà PRIMAVERILI.
Le autunnali si prestano alla forzatura in quanto sono in grado di produrre capolini anche nel periodo autunnale e una coda di produzione nel periodo primaverile. Le primaverili sono adatte alla coltura non forzata in quanto producono capolini solo dopo la fine dell'inverno.
Fra le varietà più famose si annoverano:
Lo Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d'Albenga), il Catanese, il Verde di Palermo, la Mammola verde, il Romanesco, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il violetto di Niscemi.
Fra i tipi autunnali forzati, le varietà di maggiore diffusione in passato erano il Catanese, lo Spinoso sardo e il Violetto di Provenza, mentre fra quelli primaverili non forzati, il Romanesco e il Violetto di Toscana
Regione | Pieno campo (ha) |
Puglia | 16.900 |
Sardegna | 13.600 |
Sicilia | 14.800 |
Campania | 2.000 |
Lazio | 1.050 |
Toscana | 540 |
La coltivazione del carciofo in Italia ha un’estensione di circa 50.000 ettari, tutti in pieno campo. E’ coltivato principalmente nelle seguenti regioni: Fonti ISTAT 2009
1) Asporti e fabbisogno di nutrienti
Un giusto apporto di elementi nutritivi è fondamentale per la produttività della
E’ stata accertata una carenza di boro, la quale provoca un notevole imbrunimento della parte centrale dello stelo in vicinanza del capolino. Durante la coltivazione si è riscontrato anche un elevato asporto di sodio.
Ci sono notevoli differenze di fabbisogni tra le diverse cultivar e areali di coltivazione. Si può arrivare anche ad oltre 400 unità di N frazionate in Italia meridionale, a causa del più lungo ciclo produttivo e delle maggiori asportazioni.
Tabella degli asporti di nutrienti
Asporti medi: valori espressi da diversi autori. Unità di misura Kg/ha | |||||||
Autori | Prod. (t/ha) | N | P2O5 | K2O | CaO | MgO | S |
Magnifico | 6944 | 280 | 50 | 370 | 250 | 45 | 52 |
Anstett | 7000 | 230 | 100 | 470 | 200 | 30 | 35 |
Altri | 7100 | 250 | 80 | 350 | / | / | / |
Asporti per tonn di capolini: Unità di misura Kg/tonn | |||||||
Altri | 24-29 tonn. | 9-10 | 2-4 | 13-20 | 8-9 | 1,3-1,6 | 1,4-1,7 |
2) Ruolo e tecnica d’apporto dei nutrienti
I capolini rappresentano circa il 30% del materiale asportato dalla coltura. Le foglie ed il fusto vengono reincorporate nel terreno. Le asportazioni reali possono essere molto differenti.
Azoto
Il carciofo è una coltura pluriennale che accetta volentieri una buona concimazione organica. Il fabbisogno d’azoto più alto si ha durante la fase di forte crescita vegetativa delle foglie, che è soddisfatto sia dalla riserva delle radici che dalla disponibilità del terreno sia dagli apporti di fertilizzanti. Dopo la raccolta dei capolini, un apporto d’azoto permette la ricostituzione delle riserve per l’anno successivo.
Fosforo
Il fabbisogno di quest’elemento è basso, ma al contrario dell’azoto non è suscettibile a dilavamento. Nei terreni calcarei o a pH superiore a 7, si consiglia di aumentare l’apporto di fosforo frazionato in forma solubile, magari attraverso la fertirrigazione.
Potassio
E’ l’elemento più utilizzato, soprattutto nella fase di formazione e d’emissione dell’infiorescenza. Secondo la disponibilità del terreno, il carciofo ha la capacità di utilizzare il sodio al posto del potassio. Questo è il caso dei terreni salmastri come spesso troviamo nei litorali italiani dove si coltiva il carciofo. L’apporto di potassio non deve essere fatto sottoforma di cloruro.
Tabella degli apporti di nutrienti
Apporti medi: valori espressi da diversi autori. Unità di misura Kg/ha | ||||||
Autori | Epoca | N | P2O5 | K2O | CaO | MgO |
Vari | Impianto | 30-50 | 100-130 | 140-170 | 50-100 | 40-60 |
Vari | Annuale | 280-330 | 130-150 | 150-200 | / | / |
Arvan | Impianto | 110 | 200 | 200 | / | / |
Arvan | Annuale | 170 | 60 | 180 | / | / |
3) Tecnica di coltivazione
Concimazione di fondo all’impianto:
Una buona concimazione di fondo all’impianto, permette un buon sviluppo dell’apparato radicale e porre le premesse di successo. In assenza di letame ci si orienta su un buon fondo di fosforo e potassio. Una leggera concimazione azotata (30-50 unità di N) può essere necessaria dopo l’impianto per favorire lo sviluppo vegetativo delle foglie.
Concimazione annuale:
Tenendo conto del fatto che una gran parte degli asporti ritornano al terreno con l’interramento dei residui colturali possiamo indicare un apporto autunnale di solo fosforo e potassio.
L’apporto d’azoto dovrà essere effettuato in funzione della vigoria della vegetazione. Un apporto di 100-150 unità dovrà essere frazionato tra l’autunno e la primavera. Qualora i residui colturali siano stati portati fuori del campo, le concimazioni dovranno essere raddoppiate.
L’irrigazione è uno degli strumenti colturali più importanti insieme alla fertilizzazione, ai fini dell’anticipo di produzione del carciofo in autunno nelle aree meridionali. Le irrigazioni iniziano in luglio-agosto e proseguono fino ad ottobre, ma in alcuni casi anche in novembre. La prima irrigazione richiede un volume di acqua di circa 600-1000 mc/ha in funzione del tipo di terreno. Le successive irrigazioni si mantengono su valori pari a 300-500 mc/ha. In totale, il volume stagionale si aggira su 4-5000 mc/ha.