pubblicato il 01 ottobre 2019

Biostimolanti in agricoltura: cosa sono e come agiscono

Materiali diversi dai fertilizzanti che promuovono la crescita delle piante applicati a basse dosi

TAGS: Biostimolanti, Orticoltura, Fertilizzanti

Ai Convegni Internazionali sui Biostimolanti, che si sono tenuti a Firenze nel 2015 e a Miami nel 2017, entrambi organizzati da New Ag International, diversi studi hanno evidenziato una vasta gamma di effetti positivi dall'utilizzo dei biostimolanti: si va dall’aumento della fertilità del terreno alla maggiore resistenza delle piante agli stress, passando attraverso il miglioramento nell’assorbimento e assimilazione dei nutrienti.

Numerose aziende produttrici di biostimolanti-fertilizzanti hanno anche sponsorizzato i due eventi
 e allestito stand dimostrativi di prodotti e tecnologie a indicare il notevole interesse del settore privato nei confronti dei biostimolanti.

Un po’ di Storia
Zhang e Schmidt della Virginia Polytechnic Istitute and State University proposero per la prima volta nel 1997 il termine “biostimolante” per indicare “sostanze che applicate in piccole quantità promuovevano la crescita delle piante”. I biostimolanti a cui si faceva riferimento erano acidi umici ed estratti di alghe di cui si proponeva un azione ormonale.
Kauffman (2007) riprese la definizione di biostimolante con alcune modifiche definendo i biostimolanti “materiali diversi dai fertilizzanti che promuovono la crescita applicati a basse dosi”
Inoltre introdussero una prima classificazione dei biostimolanti in tre gruppi:
- acidi umici
- prodotti contenenti ormoni (es. estratti di alghe)
- prodotti contenenti amminoacidi
Con il decreto Legge 75/2010 e successiva modifica del 10 luglio 2013, viene inserita la sezione “Prodotti ad azione specifica sulla pianta – Biostimolanti”, definiti come prodotti che apportano ad un altro fertilizzante o al suolo o alla pianta, sostanze che favoriscono o regolano l’assorbimento degli elementi nutritivi o correggono determinate anomalie di tipo fisiologico.
Nel Giugno 2011 è stata fondata un associazione “EBIC” (European Biostimulant Industry Council) con l’obiettivo di proporre una precisa definizione di “Biostimolante”, attraverso una sua Classificazione, con metodi analitici, con la precisa volontà di istituire a livello legislativo questa nuova categoria di prodotti.
Patrick Du Jardin, nel 2012, mette a punto una prima definizione e classificazione: I biostimolanti sono sostanze e materiali con l’eccezione di nutrienti e pesticidi, che quando applicati alla pianta, semi o substrato di crescita in formulazioni specifiche hanno la capacità di modificare i processi fisiologici delle piante migliorando la crescita, lo sviluppo e/o la risposta agli stress.

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Classificazione secondo Du Jardin:
1) Sostanze umiche
2) Materiali organici complessi
3) Elementi chimici benefici
4) Sali inorganici incluso fosfito
5) Estratti di alghe
6) Chitina e derivati del chitosano
7) Antitraspiranti
8) Amminoacidi ed altri composti azotati

Definizione di Biostimolante elaborata da EBIC 2013 (European Biostimulant Industry Council) - "I biostimolanti sono sostanze e/o microrganismi che applicati alla pianta o alla rizosfera stimolano i processi naturali che migliorano l’efficienza d’assorbimento e d’assimilazione dei nutrienti, la tolleranza a stress abiotici e la qualità del prodotto. I biostimolanti non hanno effetti diretti su parassiti e patogeni e quindi non rientrano nella categoria dei pesticidi".

Quali sono le principali sostanze biostimolanti?
Tra le prime e le più conosciute, ci sono gli estratti di alghe. Esse sono state utilizzate per centinaia di anni in agricoltura come ammendanti per migliorare la fertilità del suolo. Da poco più di 50 anni è iniziata la produzione di estratti liquidi per esaltare le proprietà biostimolanti delle alghe. Oggi sono numerosi i prodotti biostimolanti a base di estratti di alghe disponibili sul mercato.
Gli estratti sono ottenuti partendo da alghe verdi, rosse o brune, soprattutto del tipo Ascophyllum nodosum, Ecklonia maxima, Laminaria digitata e Fucus spp.
Le alghe vengono raccolte manualmente o meccanicamente lungo le coste oceaniche e sottoposte a lavaggio, taglio ed estrazione. L’estrazione può avvenire con diverse modalità e con il ricorso a solventi di varia natura. Sono state proposte anche tecniche di produzione di estratti di alghe che prevedono fermentazioni microbiche della matrice vegetale di partenza. Il tipo di alga utilizzato, il periodo di raccolta e il processo di estrazione influenzano notevolmente le caratteristiche chimiche dell’estratto e quindi le sue proprietà biostimolanti.
Attualmente il metodo più utilizzato prevede un’estrazione a freddo in acqua ad alta pressione, al fine di prevenire alterazioni chimiche delle molecole bioattive.
È stato dimostrato che gli estratti di alghe agiscono come biostimolanti migliorando la velocità di germinazione, la crescita, l’allegagione, la produzione, la qualità del prodotto e la resistenza a stress ambientali. Inoltre, gli estratti di alghe incrementano l’assorbimento dei macro e micronutrienti in diverse colture. Gli effetti biostimolanti sono da ricondurre soprattutto alla presenza di fitormoni, polisaccaridi, polifenoli e altre molecole organiche. I fitormoni individuati negli estratti di alghe che stimolano la crescita delle piante sono auxine, citochinine, acido abscissico, gibberelline, ecc..
Di particolare interesse risulta la presenza negli estratti di polisaccaridi quali laminarina, alginati e fucoidani per il loro effetto di miglioramento della tolleranza a stress ambientali delle piante. Per es. è dimostrato che applicazioni di estratti di alghe incrementano la tolleranza a stress abiotici quali siccità, la salinità e le temperature estreme.
I meccanismi alla base della maggiore tolleranza a stress abiotici indotta da applicazioni di estratti di alghe sono molteplici e non ancora completamente noti. Tra questi ricordiamo l’aumento dello sviluppo radicale e soprattutto del rapporto radici/parte aerea, il miglioramento dello stato nutrizionale della coltura, contribuisce a mantenere il turgore cellulare, a ridurre l’attività dei radicali liberi, e l’incremento dell’attività degli enzimi di difesa dagli stress ossidativi.
Da un punto di vista applicativo, gli effetti positivi degli estratti di alghe sono più marcati in colture coltivate in suoli poco fertili e con applicazioni ripetute durante il ciclo colturale. Applicazioni fogliari sono in genere preferite per i ridotti dosaggi richiesti e la rapidità di azione.

Dopo le alghe, tra le principali sostanze biostimolanti, e anche tra le più conosciute, ci sono le sostanze umiche. Esso si possono definire come delle macromolecole organiche complesse che provengono dalla decomposizione della sostanza organica e dall’attività metabolica dei microrganismi.
Sono sostanze molto eterogenee, classificate sulla base del peso molecolare e della solubilità (gli acidi umici sono solubili in acqua a pH alcalino, gli acidi fulvici sono solubili in acqua a tutti i pH).
Le sostanze umiche utilizzate per produrre biostimolanti provengono soprattutto da giacimenti di humus fossile (per es. Leonardite) o da compost.
L’estrazione delle sostanze umiche avviene con alcali quali idrossido di potassio, e la separazione tra acidi umici e fulvici mediante acidificazione.
Le sostanze umiche esplicano un’azione di stimolo della crescita delle piante per via diretta e indiretta. Le sostanze umiche esercitano un effetto diretto sulla pianta stimolando la rizogenesi. Inoltre, è stato riscontrato un effetto positivo delle sostanze umiche sull’attività dei trasportatori radicali coinvolti nell’assorbimento dell’azoto nitrico con un notevole incremento, e sull’attività degli enzimi coinvolti nell’assimilazione dell’azoto nitrico.
Il maggior sviluppo radicale e la più elevata attività dei trasportatori radicali del nitrato si traducono in una maggiore efficienza d’assorbimento e di assimilazione dell’azoto inorganico da parte della coltura. Le sostanze umiche influenzano positivamente anche il metabolismo secondario, favorendo l’accumulo di antiossidanti e l’attività degli enzimi di difesa dallo stress ossidativo causato da radicali liberi che si generano a seguito di stress ambientali.
L’azione indiretta delle sostanze umiche si esplica nel suolo attraverso un miglioramento della fertilità. Infatti, le sostanze umiche nel suolo cementano le particelle inorganiche degli aggregati, che risultano più stabili, aumentano la CSC (capacità di scambio cationico) ed esercitano un effetto tampone sul pH, incrementando la biodisponibilità degli elementi nutritivi e riducendo le perdite per lisciviazione. Gli effetti positivi degli acidi umici sul terreno e sul metabolismo cellulare determinano una maggior tolleranza delle piante agli stress abiotici (es. salinità) e biotici (es. attacchi di malattie fungine come la peronospora).
Da un punto di vista applicativo, gli effetti benefici delle sostanze umiche sulle colture sono più evidenti nei suoli poco fertili caratterizzati da un basso tenore di sostanza organica e con applicazioni radicali ripetute durante il ciclo colturale.
Le sostanze umiche provenienti da torba e compost (soprattutto vermicompost) sembrano possedere una maggiore attività biostimolante rispetto a quelle estratte da giacimenti di humus fossile.

Un'altra categoria di sostanze biostimolanti, molto importanti, sono gli idrolizzati proteici. Essi sono delle sostanze contenenti una miscela di aminoacidi e peptidi solubili, generalmente ottenuti per idrolisi chimica o enzimatica, o mista da proteine di origine animale o vegetale.
Le fonti proteiche sono rappresentate da residui della lavorazione del cuoio (es. collagene), dell’industria ittica o da biomasse vegetali di leguminose.
Attualmente, il mercato europeo degli idrolizzati proteici è rappresentato per oltre il 90% da prodotti di origine animale ottenuti prevalentemente per idrolisi chimica del collagene ad alte temperature in ambiente fortemente acido o alcalino, mentre gli idrolizzati di origine vegetale, ottenuti mediante l’impiego di specifici enzimi e basse temperature, sono ancora poco diffusi.
Gli idrolizzati proteici presentano naturalmente caratteristiche chimiche diverse a seconda dell’origine della materia prima e del processo di produzione. Infatti, gli idrolizzati proteici di origine animale ottenuti per idrolisi chimica del collagene sono caratterizzati da un maggiore livello di azoto organico, un più elevato contenuto di aminoacidi liberi e una più alta salinità, mentre gli idrolizzati proteici di origine vegetale ottenuti per idrolisi enzimatica si caratterizzano per un maggiore contenuto di peptidi solubili.
Anche la composizione aminoacidica varia in relazione all’origine e al processo produttivo: gli idrolizzati proteici da collagene presentano come aminoacidi dominanti la glicina e la prolina; quelli da leguminose l’acido glutammico e l’acido aspartico.
Gli idrolizzati proteici vegetali ottenuti per via enzimatica si caratterizzano anche per la presenza di triptofano, che rappresenta un importante precursore nella biosintesi dell’auxina nelle piante.
Gli idrolizzati proteici presentano proprietà biostimolanti, migliorando l’assorbimento e l’assimilazione dei nutrienti (es. azoto nitrico e ferro), la tolleranza a stress ambientali (salinità, siccità, temperature estreme) e la qualità del prodotto. È stato anche evidenziato che gli idrolizzati proteici possono stimolare le risposte di difesa della pianta agli stress. Gli idrolizzati proteici possono esercitare anche un’azione auxino-simile per la presenza di specifici peptidi che fungono da molecole-segnale e attivano i geni della biosintesi delle auxine nella pianta. Gli idrolizzati proteici possono anche influenzare la crescita delle piante per via indiretta stimolando la microfl ora tellurica.
Da un punto di vista applicativo, l’effetto biostimolante degli idrolizzati proteici si evidenzia soprattutto in colture coltivate in suoli poco fertili e con applicazioni ripetute durante il ciclo colturale. Applicazioni radicali sono utili per stimolare la rizogenesi e la microflora tellurica, mentre trattamenti fogliari sostengono la crescita soprattutto in condizioni di intenso sforzo metabolico (es. elevati ritmi di crescita, elevata allegagione) e migliorano la tolleranza a stress ambientali.