pubblicato il 01 agosto 2018

Solo i giovani possono sconfiggere il declino dell’Europa e dell'Italia

Ai giovani, prima di tutti quelli che oggi hanno vent’anni e anche meno, spetta il compito di ripensare e riprogettare questo Paese.

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Tratto da: Lucio Sepede, Presidente Passinsieme. 
La mia generazione, quella che a prima vista, soprattutto ai giovani, appare come quella che ha preso il meglio e lasciato alle nuove generazioni soltanto problemi, non può lavarsene le mani.

Come tutte le generazioni, anche noi ci siamo trovati a fronteggiare enormi problemi, li abbiamo affrontati e un po’ per capacità e un po’ per fortuna siamo riusciti a risolverli in alcuni casi anche bene. Abbiamo contribuito a costruire l’Unione Europea che ha consentito al nostro continente settant’anni di pace. Abbiamo sconfitto il terrorismo generato dai rigurgiti fascisti e comunisti. Abbiamo fatto la nostra parte nella vittoria contro la sfida culturale e sociale sia con il comunismo dell’Unione Sovietica che con il maoismo cinese. Con il nostro export, ma anche con le nostre importazioni abbiamo contribuito alla crescita tumultuosa e all’insperato benessere di miliardi di persone nel continente asiatico, all’interno di quella globalizzazione così incisiva, ma con luci e ombre, sull’intero pianeta.

Abbiamo migliorato la qualità e prolungato la vita come pochi hanno saputo fare nel mondo. L’Italia rimane tutt’ora un paese con una forte struttura industriale (il secondo paese manifatturiero in Europa), per non parlare del patrimonio artistico e culturale (che a dire il vero abbiamo ereditato) e abbiamo ancora un tenore di vita diffuso tra i migliori del mondo (il nostro stile di vita è un brand mondiale) grazie anche al buon sistema di welfare.
Eppure i problemi aperti sono tanti. Alcuni proprio in conseguenza del successo ottenuto (per esempio le tante automazioni che destabilizzano lo scenario lavorativo attuale) e altri perché molti Paesi si sono messi a correre per recuperare il gap esistente e per avvicinarsi il più possibile alle nostre condizioni di vita. A questo si aggiunge la spaccatura del Paese in due grandi aree: il Nord che è al livello delle migliori regioni europee, e il Sud che si trova nelle ultimissime posizioni.
I giovani, ma anche noi tutti, dobbiamo partire dalla consapevolezza che non viviamo più nel Paese ricco che l’Italia è stato dagli anni settanta fino agli inizi del nuovo secolo. L’Italia vive oggi un intermezzo tra ciò che essa è stata e non sarà mai più, e ciò che non è ancora. 

I giovani che si sono rifugiati nell’abulia (purtroppo forse sono la maggioranza) devono smettere di trastullarsi nella ricerca dello sballo settimanale, e si devono assumere la piena responsabilità della loro vita e del loro futuro. Un ruolo negativo nel dilagare di questo quadro di fatalismo e demotivazione hanno avuto le pseudo culture negazioniste di ogni tipo: dai figli dei fiori in America, al nichilismo e al relativismo culturale di gran parte della cultura di moda nella mitteleuropea. Tra le responsabilità degli adulti va inclusa quella di averne sottovalutato il potenziale distruttivo e di averle “coccolate” in un spirito di “modernità alternativa”.

Gli effetti deleteri purtroppo successivamente si sono ampiamente dispiegati.
I giovani debbono abbandonare questi alibi autodistruttivi e acquisire le conoscenze, le competenze, le esperienze e la sapienza per poter guidare la distruzione creativa dei nostri sistemi e cercare con tenacia di migliorare ogni giorno la situazione personale e del Paese. Devono fare in modo che nessuno rimanga tagliato fuori dal nuovo mondo che si va costruendo e per questo motivo sarà opportuna e necessaria una grande attenzione a quelli che per motivi sociali e familiari si trovano ai margini e che non possono farcela da soli.

Ma per quale motivo i giovani e i giovanissimi, almeno nella grande maggioranza, dovrebbero abbandonare gli alibi autodistruttivi e accollarsi i destini del Bel Paese e dell’Europa?

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